Un aspetto molto importante da tenere in considerazione quando si analizza la tematica degli hikikomori è il ruolo chiave della famiglia. La famiglia, e più nello specifico i genitori, hanno una responsabilità non indifferente e per questo è importante capire come gestire il rapporto e quali siano le azioni più efficaci per aiutare i ragazzi ad uscire dalla condizione negativa in cui si trovano.
A volte purtroppo, anche in maniera involontaria, i genitori hanno atteggiamenti che, nel lungo periodo, contribuiscono all’isolamento degli hikikomori, diventando cosi parte delle cause che generano nei ragazzi questo atteggiamento di ritiro e chiusura. Infatti, negli ultimi decenni si è assistito ad un cambiamento sostanziale della figura genitoriale, che tende ad essere sempre più focalizzata sul benessere assoluto del figlio e sulla possibilità di dare a quest’ultimo tutto quello che la generazione precedente non ha potuto avere né raggiungere. Questo non è assolutamente un male, se non fosse che a volte questi atteggiamenti possono sfociare in sempre più crescenti aspettative di realizzazione sociale dei genitori sul figlio, le quali non fanno altro che acuire il suo sentirsi costantemente giudicato, oppresso, carico di attese e pressioni. Inoltre, la costante attenzione e ansia genitoriale di non commettere errori e di spianare la strada ai propri figli potrebbero peggiorare la loro situazione, rendendoli dipendenti e non preparandoli adeguatamente al mondo esterno che li aspetta. É bene quindi sapere che un atteggiamento iperprotettivo non è la strada giusta da scegliere, ma anzi potrebbe creare conseguenze ancora più negative per il ragazzo e per la sua visione del mondo che lo circonda.
L’incarico di un genitore non dev’essere quindi quello di spingere il figlio ad ottenere obbiettivi predefiniti o considerati “normali” dalla società, ma, al contrario, di prepararlo all’indipendenza totale che lo possa rendere libero di scegliere ciò che lui riterrà più opportuno, in maniera matura e consapevole, cosi da non sviluppare alcun risentimento nei confronti di una società da cui, altrimenti, potrebbe sentirsi oppresso. Infatti, il figlio non deve essere considerato una proprietà e quindi non si devono riversare su di lui i propri ideali e le aspettative di realizzazione futura, sociale e lavorativa. Inoltre, il genitore deve essere in grado di instaurare un confronto basato sul dialogo costruttivo con il figlio, che, se ben gestito, può rivelarsi un ottimo aiuto per capire e risolvere la situazione. La priorità del genitore dev’essere quella di aiutare il figlio hikikomori a stare bene e quindi non è necessario forzare le cose, aspettandosi a tutti i costi e in tempi brevissimi che riesca ad andare a scuola, a crearsi amicizie e conoscenze o a uscire senza più nessun problema. La pazienza e la comprensione, frutto di un’acuta apertura mentale, sono le chiavi per gestire al meglio la situazione.
Qualora un genitore si rendesse conto di aver sbagliato approccio o di aver sviluppato un atteggiamento eccessivamente protettivo nei confronti del figlio, è sempre in tempo a recuperare e correggere la situazione. Ovviamente non è nulla di semplice e qualora si fosse consapevoli di non avere gli strumenti adatti per farlo è necessario rivolgersi ad esperti. Fortunatamente negli anni la tematica degli hikikomori è stata approfondita e ci sono sempre più esperti con le competenze adeguate per gestire il problema. Sono state istituite anche diverse organizzazioni e associazioni, che non solo danno voce e sensibilizzano la società di fronte a questo tema, ma forniscono anche un aiuto concreto a tutti quei ragazzi e genitori che stanno affrontando questa problematica. Alcuni esempi sono l’Associazione Hikikomori Italia e la Hikikomori Italia Genitori ONLUS, grazie alle quali ragazzi e genitori possono trovare supporto anche dal confronto non solo con esperti ma anche con altre persone che si trovano nella loro stessa situazione.
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